SCENOGRAFIA 3
DOCENTE: Emanuele Sinisi
RIFERIMENTO SPAZIALE: Théâtre Royal de la Monnaie​​​​​​​
Les Contes d’Hoffmann è un’opera di 5 atti, di Jacques Offenbach e Jules Barbier basata su un racconto scritto da Michel Carrè nel 1851. Il progetto scenografico è stato pensato facendo riferimento agli spazi scenici del Théâtre Royal de la Monnaie.
Un’opera che diventa occasione per tradurre spazialmente il concetto di memoria, amore e solitudine.

“Con le ceneri del tuo cuore,
riscalda il tuo genio,
nella serenità,
sorridi ai tuoi dolori!
La musa placherà,
la tua santa sofferenza.”
Il protagonista di quest’opera è il giovane poeta Hoffmann, e l’intera opera parla dei suoi amori passati. Per questo motivo la scenografia si basa sul tema della memoria. La sfida più grande è stata trasformare e rappresentare la mente di Hoffmann che ricorda il suo passato in uno spazio tridimensionale, quasi fosse un sogno o un incubo. La scenografia rappresenta un antico edificio neoclassico, rovinato dal tempo. Il tempo ne ha completamente sconvolto l’estetica. Questo spazio è la mente di Hoffmann che inizia a ricordare e raccontare il passato, l’amore e le donne. Un luogo vivo e in continua evoluzione, dove tutto può succedere.
Nel primo atto inizia ad emergere il palazzo, luci soffuse e calde svelano una struttura antica e abbandonata, la mente inizia a ricordare.
Nel secondo atto il ricordo è vivo e prende vita rievocando il primo amore, quello per Olympia. A differenza del libretto originale, non siamo all’interno di un laboratorio di uno scienziato che dà vita ad una bambola meccanica, ma siamo nell’atelier di uno sculture dove una statua femminile dall’assoluta bellezza prende vita, Olympia.
Nel terzo atto viene rievocato il secondo amore, quello per la giovane cantante Antonia malata di turbercolosi. Lindorf, l’antagonista che si interpone a tutti gli amori nel corso dell’opera, nelle vesti di dottore in questo atto, con delle arti magiche rievoca lo spirito della defunta madre di Antonia che costringe quest’ultima a cantare fino alla  morte. Uno spirito che appare dal cielo facendo calare il plafone in scena, con donne tinte da velluto rosso che si moltiplicano come in incubo, facendo soccombere la povera ragazza.
Nel quarto atto viene rievocato l’ultimo amore, quello per cortigiana veneziana Giulietta.
La scena si allaga per rievocare Venezia, e i personaggi tra riflessi luminosi si animano all’interno di un salotto borghese corrispondente a nessuna epoca storica, ma frutto solo della rielaborazione spaziale del subconscio di Hoffmann e di alcuni frammenti di ricordi che se messi assieme danno vita a quello che vediamo.
L’opera si conclude, così come nel prologo, con l’apparizione della Musa, personaggio chiave per ogni poeta, che in questo caso ha accompagnato silenziosamente il giovane poeta fin dall’inizio, e che ora lo saluta consigliandogli di dedicarle tutta la sua vita. Una vita dedicata all’arte e al bello, di un poeta che traduce in poesia i tormenti dell’anima e le delusioni più profonde.
Il tutto inquadrato da una pesante cornice che non fa altro che delineare e inquadrare l’azione scenica, o meglio, la vita.
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